La storia del mercato dal Rinascimento ai giorni nostri

La ricerca è ristretta alle più importanti città europee ( Londra, Firenze, Parigi …) e all’analisi dell’evoluzione urbanistica dovuta alla crescita dei mercati più significativi.
Da questa ricerca iniziale si nota una diversa risposta agli stessi avvenimenti storici da parte delle diverse realtà urbane; la nostra analisi quindi si è basata sulla considerazione degli eventi storici principali correlati all’evoluzione del mercato. Ognuno di questi momenti ha comportato dei cambiamenti ( di macchinari, di processi produttivi, di crescita del mercato ) che hanno modificato l’impostazione urbanistica delle città.
Attraverso delle considerazioni personali abbiamo cercato di dare una struttura omogenea che ripercorresse il periodo storico da noi analizzato.
Gli eventi storici principali che abbiamo selezionato sono:
  • città medievale mercato in botteghe
  • città rinascimentale il mercato va in piazza e fuori dalle mura
  • sistema fieristico europeo i mercanti si organizzano e si riuniscono in fiere crescita infrastrutture extraurbane
  • fondazione delle banche mercato del denaro
  • scoperta dell’America crescita città portuali dovuta al nuovo commercio marittimo, crollo del sistema fieristico
  • rivoluzione agraria ampliamento del mercato ortofrutticolo
  • rivoluzione industriale espansione urbana incontrollata
  • illuminismo nascita piani urbanistici
  • colonialismo mercato mondiale
  • fordismo mercato di massa
  • periodo bellico distruzione città, chiusura mercati
  • invenzione del computer città informatica, internet ebay e crisi del mercato tradizionale

Al medioevo italiano rimane piuttosto estranea l’idea del mercato coperto e, in genere, del mercato concepito come specifico organismo edilizio. Può trarre in inganno l’ampio uso che, per il mercato, il medioevo seppe fare dei portici degli edifici privati, dei palazzi comunali e perfino delle chiese, trattandosi pur sempre di sistemazioni di fortuna con il carattere di fiera occasionale piuttosto che di servizio fisso. Il mercato medievale in sostanza si risolve, sempre all’interno della cinta muraria, nella destinazione di una piazza a sede permanente per le bancarelle dei rivenditori e qualche impianto fisso che normalmente si esaurisce nella costruzione di una fontana centrale; tra esse possiamo citare le Piazze delle Erbe e dei Frutti presso il Palazzo della Ragione a Padova, quello delle Erbe a Verona, del Verziere a Milano, che sono veri e propri mercati nel senso della agorà preclassica. Fra le rarissime eccezioni si può citare la Ripa coperta costruita a Genova nel duecento per ospitarvi i rivenditori che si affollavano attorno al porto.

Anche negli altri paesi europei l’uso medievale più diffuso rimane quello del mercato all’aperto: a Parigi il più antico, il “Marchè Palu” forse anteriore al secolo XI, si teneva lungo la Senna, fra il Petit Pont e il Saint-Michel; in Olanda il “markt” , che risale ad origini medievali, si trova presso la Stadhuis o Palazzo Civico; in Germania numerosissimi sono i mercati scoperti di impianto medievale, dalla “Marktplatz” di Holzminden alla “Marktstrasse” di Kemnatz in Baviera, dal pittoresco “Hauptmarkt” di Norimberga alla piazza mercato di Munster, dal mercato di Freiburg a quello di Basilea. Il medioevo non ignora, tuttavia, il mercato coperto, anzi ne offre esempi insigni, dalle “Halles” parigine del secolo XII, poi distrutte, a quelle celeberrime di Burges costruite dapprima in legno e nel 1239 rifatte in muratura. In Italia occorre arrivare al tardo rinascimento per ritrovare la concezione del mercato come edificio tipicamente organizzato o almeno come grande loggia a destinazione fissa. Una bella città - era il comune sentire del Quattrocento - doveva avere una piazza principale connotata dal palazzo municipale con la sua loggia, ed una piazza del mercato, circondata da case porticate con le loro botteghe. Nella piazza principale erano ammesse le corporazioni di maggior prestigio e i commercianti più nobili (notai, banchieri, grandi mercanti, cambiavalute, orafi, speziali, merciai, sarti, commercianti di cereali, solo qualche volta le pescherie). I beccai, pur essendo una categoria ricca e prestigiosa, vengono in un primo momento dislocati accanto ai corsi d’acqua per motivi di igiene, poi relegati ai margini della città o fuori le mura all’interno di un vero e proprio “macello”. Nella piazza del mercato trovano, infine, posto i venditori di stoffe, calzature, vino, olio e tutti gli altri alimenti quotidiani come i “frutti”. Occorre arrivare al tardo Rinascimento per ritrovare la concezione del mercato come edificio tipicamente organizzato o almeno come grande loggia a destinazione fissa, come il mercato del pesce di Firenze (ora demolito) che allungava la sua loggia a nove campate su di un lato del mercato vecchio o, fuori dai confini nazionali, la famosa Sala di Ladislao costruita fra il 1493 ed il 1503 nel Castello Reale di Praga e poi utilizzata a partire dal 1600 come pubblico mercato. La cultura economica del tempo individua nella fiera un elemento propagatore di ricchezza, che attira l’insediamento stabile di facoltosi stranieri e fa rinascere la popolazione, riattivare antiche manifatture e svilupparne di nuove. Anche laddove si continuano ad organizzare eventi caratterizzati dalla presenza di strutture mobili, l’intervento della città si fa sempre più puntuale e restrittivo sui modi di occupazione dello spazio pubblico e sulla complessa rete delle relazioni socioeconomiche che governavano rigidamente le aree fieristiche. Le esperienze fieristiche dell’età medievale e del primo ‘500 costituirono il cuore del sistema economico europeo nel suo aspetto mercantile e finanziario. La nostra penisola non fu mai caratterizzata da fiere paragonabili a quelle della Champagne o di Ginevra o di Francoforte, ma le grandi fiere internazionali, di merci e di cambi, erano dominate in molti casi da mercanti toscani, genovesi, lombardi, veneziani. A Genova si deve anche la fondazione della prima banca europea: il Banco di San Giorgio che esercitava sia la funzione di gestione della fiscalità e del debito pubblico come le moderne Banche centrali, sia la raccolta del risparmio, attività iniziata nel 1408. Il territorio era comunque costellato da fiere o sistemi di fiere di dimensioni più ristrette, legate soprattutto a festività di carattere religioso durante le quali banchi e tende occupavano le piazze antistanti le chiese per poi disperdersi nelle vie circostanti o negli ampi prati all’esterno delle mura. Nelle piccole realtà urbane tali raduni sconvolgevano la vita quotidiana, svolgendosi in maniera disordinata nonostante le disposizioni statutarie. Nella seconda parte del sedicesimo secolo in Europa si assiste ad un forte ridimensionamento del sistema fieristico, dovuto alla congiuntura economica, alla nascita nelle grandi capitali di numerosi mercati e strutture stabili per l’immagazzinamento delle merci e all’accresciuto ruolo dei grandi porti, in seguito all’incremento dei commerci marittimi dovuto alla scoperta dell’America. Nel nostro paese il tentativo di rilancio delle attività e dei traffici economici dopo la crisi seguita alla forte caduta della popolazione decimata da eventi pestilenziali, passa invece proprio attraverso il radicamento di queste riunioni fieristiche, sia nel territorio che nelle realtà urbane: si riordina il calendario delle manifestazioni, se ne prolunga la durata, si istituiscono dispositivi protezionistici, si punta alla realizzazione di una struttura fisica ad hoc destinata da un lato a riparare persone e merci (ci si rende conto, ad esempio, che le merci esposte in spazi precari e angusti, esposti alla polvere ed alle intemperie, sono più facilmente deteriorabili), dall’altro a meglio definire luoghi e gerarchie interne (ad esempio la distribuzione delle botteghe grandi e di quelle piccole, con relativo posizionamento sui percorsi più frequentati) e facilitare il controllo degli scambi e del prelievo fiscale. La bottega così come la conosciamo non si differenzia di molto da quella romana fino a tutto il seicento: l’ambiente si conserva piccolo, qualche volta dotato di retrobottega o di soppalco, la grande apertura verso strada sostituisce alla piattabanda l’arco ribassato o acuto. L’apertura su strada, come nella romanità, è in parte chiusa in basso dal muretto davanzale che funge da banco di vendita così che il cliente rimane di solito sulla strada senza il bisogno di entrare. Eccezionalmente si usarono anche botteghe a doppia apertura, ossia bifore, ed è da credere che questo lusso si riscontrasse solo raramente in alcune categorie di vendita come le farmacie, un esempio ne è la farmacia dell’ Ospedale di Pisa coperta da sei grandi volte a crociera e come la spezieria fiorentina del Canto al Diamante, frequentata anche da Dante. Lo sviluppo del mercato nel Seicento porta alla realizzazione di nuove infrastrutture per agevolare i trasporti e alla costruzione di nuove strutture che possano ospitare gli scambi commerciali. Le grandi innovazioni tecnologie portate dalle rivoluzioni agrarie e industriale a cavallo tra il XVII e XVIII secolo comportano alcune conseguenze sulla società e sulla città del tempo: la bottega dell'artigiano ha difficoltà a confrontarsi con i prodotti forniti dalle industrie in grandi quantità e a prezzi minori. Queste si insediano nelle zone limitrofe delle grandi città, causando una migrazione generalizzata dalla campagna verso quest’ultima. Il mutare della società e del costume, in quanto i rapporti interpersonali si fanno sempre più ampi complessi e liberi, provocano nel Settecento la graduale trasformazione della bottega nel moderno negozio. Si passa così da un fenomeno ancora del tutto connesso con l’artigianato e con il piccolo commercio ad un organismo un po’ più anonimo e certo meno pittoresco, ma più adatto alla civiltà industriale che stava nascendo in quel tempo Nel settecento in fatto di mercati sono da segnalare le realizzazioni parigine e più precisamente nel 1767 per opera del Lecamus e del Mezieres sorge la “Halle aux blès” su pianta anulare attorno ad una piazza interna che nel 1802 il Brunet coprirà voltandovi sopra la prima cupola ad ossatura metallica. La cultura illuminista, improntata tanto all’ordine e al decoro quanto all’innovazione, ispira anche i modelli ellittici o circolari della Piazza Nuova di Bagnocavallo, dove botteghe in forma di loggia abbracciano uno spazio aperto riservato al mercato della carne ovina e del pesce, o il foro annonario di Senigallia, racchiuso da un ampio colonnato con botteghe e al centro una fontana o il progetto utopico della grande piazza-mercato che avrebbe dovuto essere realizzata a Padova e la cui figura ovale fu poi ripresa da altre città venete. Passando poi all’Ottocento possiamo dire che esso è il secolo d’oro per il mercato coperto. Da una parte ciò è dovuto alle nuove tensioni create dal fenomeno dell’urbanesimo industriale che, creando nuovi e ponderosi problemi per l’approvvigionamento delle metropoli che crescono sempre più, determinano un aumento sostanziale della domanda di merci di tutti i tipi; dall’altro c’è anche il fatto che le nuove strutture di ferro prima, e di cemento poi, gettano le basi per le grandi coperture senza sostegni intermedi che sono la soluzione ideale per il mercato coperto. Con il complicarsi dei servizi e degli impianti la concezione del mercato coperto, considerato ormai come un essenziale servizio pubblico, si articola in una casistica che contempla tipi diversi che si distinguono o per l’ubicazione ( mercati centrali o rionali) o per la specializzazione merceologica (degli erbaggi, dei fiori, del pesce, del cuoio, della carne, del bestiame vivo, ecc.) o infine per il tipo di commercio e della clientela (mercati all’ingrosso, al minuto, misti). Esempio fondamentale per i mercati coperti ottocenteschi sono le Halles Centrales, costruite con struttura in ferro fra il 1852 ed il 1859 da Victor Baltard e Callet. L’applicazione delle strutture in ferro viene adottata anche da Blankenstein e Lindemann per il mercato centrale di Berlino, da O. Jones per quello di Londra, da Giuseppe Mengoni per quello di Firenze, e limitatamente alle coperture, da A.Badaloni per il mercato agroalimentare di Livorno. Alla fine dell’Ottocento, e sempre più nel Novecento, le strutture in cemento armato soppiantano quelle in ferro. Fra gli esempi più interessanti dal punto di vista funzionale sono da citare per il primo quarto di secolo il grande mercato di Lipsia di H. Ritter, coperto con tre cupole poligonali di cemento armato, e quelle minori di Francoforte di Martin Elsasser e quello di Reims di Emile Maigrot. Fra le opere più recenti che meritano particolare nota abbiamo il mercato coperto di Algesiras (1993) di Edoardo Torroja, il bellissimo mercato dei fiori di Pescia (1951) dovuto al gruppo Emilio Brizzi, Enzo e Giuseppe Gori, Leonardo Ricci, Leonardo Savioli, e quello ardito ed elegantissimo costruito in Messico (1956) da Pedro Ramirez Vasquez, Rafael Mijares e Felix Candela.

Il più rilevante dei luoghi del commercio che andiamo ad elencare è il centro commerciale
naturale che può presentarsi in modalità fisiche e urbanistiche diverse :
Il fronte continuo dei negozi
La strada commerciale
Il crocicchio ( Canton del Gallo a Padova, i Quattro Canti a Palermo…)
Il tessuto labirintico (Mercerie a Venezia, via Nova a Verona…)
Ponte o passaggio obbligato
Piazza o sistema di piazze (Erbe,Frutti e Signori a Padova, Pavaglione di Lugo, Plaza
Major a Madrid)
Le aree coperte, logge, tettoie (a Firenze il Mercato del Porcellino e anche i nuovi
numerosi mercati comunali diffusi in tutto il nord del ns. paese)
Il multipiano (dove lo sviluppo e la presenza di attività si dirige verticalmente… anche
sotterraneo come a Montreal…)
Una grande modifica nell’articolazione e nella struttura dei luoghi del commercio si
presenta con la diffusione di massa dell’auto e si rende possibile prima di tutto a Parigi per
la ristrutturazione cittadina del prefetto Hausmann che dota la capitale francese dei grandi
ed imponenti e larghi boulevard.